Un contratto capestro

Pieno di clausole vessatorie

Come se il quadro fin qui descritto non fosse già gravissimo, e non dovesse indurre ad una riflessione seria sull’opportunità di realizzare questa mega struttura, c’è la ciliegina sulla torta, dulcis in fundo, Gualtieri e la sua giunta, che non temo a definire la più pazza del mondo, ha predisposto un quadro contrattuale per la realizzazione del Termovalorizzatore di Santa Palomba davvero folle. Carte alla mano il bando del Comune impone a se stesso una serie di clausole vessatorie, tutte a favore della costruenda ACEA e tutte a svantaggio del Comune stesso e degli enti di gestione dei rifiuti, AMA in primis. La prima e la più sconvolgente clausola è che Comune e AMA si impegnano a garantire un conferimento di rifiuto indifferenziato pari a 600.000 tonnellate annue, per trent’anni e qualora la raccolta dei rifiuti a Roma non dovesse essere sufficiente, gli enti si obbligano da soli a trovare rifiuti altrove e questo perché se non dovessero raggiungere la quota prevista, comunque dovrebbero pagare ugualmente il costo del conferimento.

Uno dei risvolti più paradossali di questa norma è che se i Romani raggiungessero i livelli di raccolta differenziata dei migliori comuni d’Italia (75%) la quota di indifferenziato raccolto non arriverebbe neanche lontanamente alle 600.000 tonnellate del contratto. Un clamoroso disincentivo a migliorare la differenziata a Roma che è tra le più basse del paese. Poi c’è il nodo dei costi perché, come ho avuto modo di sottolineare più volte e in più sedi, nel suddetto contratto ci sono obblighi per il costo di gestione che fanno impressione. Attualmente, il costo del conferimento dei rifiuti oscilla tra 150 e 200 Euro a tonnellata mentre, con il termovalorizzatore, in base a quanto è scritto nel bando, si arriverebbe a 370 € a tonnellata. Il bando infatti prevede che il comune porti 50.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati al mese al termovalorizzatore e prevede che lo faccia per 401 mesi, per un investimento complessivo di circa 7,5 miliardi, nei 33 anni e mezzo.

I 7,5 miliardi divisi su 401 mesi danno un costo mensile pari a 18.580 milioni, che, diviso 50.000 tonnellate (obbligo mensile), genera un costo a tonnellata pari a 371,60 Euro che è il doppio di quello che paghiamo adesso.

 

Va detto inoltre che di impianti di questo tipo non se ne costruisco più da anni e nessun paese europeo ha in programma di farlo. Ma udite udite, i principali impianti europei, proprio per la maggiore quota di raccolta differenziata hanno carenza di rifiuto indifferenziato e quindi il costo a tonnellata sta diminuendo, seguendo la banale legge di mercato che se la domanda è scarsa l’offerta è disponibile a un costo inferiore. Anche per i fan dello slogan “non nel mio giardino” a questo punto sarebbe meglio esportare indifferenziato all’estero e trattarlo a costi competitivi piuttosto che spendere questo fiume immenso di denaro per inquinare il nostro giardino. Tantopiù che le tecnologie in questo settore stanno facendo passi da gigante, e infatti mi sono occupato anche di questo. C’è un impianto in costruzione di Waste to Idrogen da 200.000 tonnellate proprio nel Lazio e poi ci sono nuove tecnologia per la produzione di biomasse, che sono molto importanti per la nascente industria dei biocombustibili, molto idonei al propellente per gli aerei e navi di linea. Carburanti di ultima generazione che inquinano meno e aiutano quella famosa transizione ecologica che l’Europa sta faticosamente introducendo in tutto il continente.

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