non chiamiamolo termovalorizzatore

Perché in realtà sarà un inceneritore

Una questione a parte è proprio quella del termovalorizzatore, a cui ho dedicato moltissimo impegno per cercare di scardinare i principali luoghi comuni diffusi in tutti i modi dalla Giunta Gualtieri sui poteri taumaturgici di questo nuovo mostro ecologico. Prima di tutto l’impianto che si costruirà  (forse) a Santa Palomba non è un termovalorizzatore, che è un termine seducente, ma lontano dalla realtà. Più corretto sarebbe chiamarlo inceneritore. Infatti l’impianto tanto strombazzato semplicemente… brucia i rifiuti. La “termovalorizzazione” ci sarebbe se si generasse energia per riscaldare le case come avviene in Austria o in altri impianti europei. Ma in questo caso non è possibile, perché la distanza del sito è tale che il teleriscaldamento è tecnicamente infattibile. Resterebbe dunque la produzione di energia elettrica, che è stata sbandierata da Gualtieri. Ma conti alla mano anche in questo caso si parla di un risultato davvero ininfluente per non dire ridicolo. Infatti tolta l’energia elettrica necessaria all’impianto per funzionare, la quota da distribuire fornirebbe energia a qualche decina di famiglie all’anno. In termini assoluti quindi un impianto da 600.000 tonnellate di rifiuti accenderebbe la luce a manciata di case. In compenso c’è il problema non secondario della CO2, che sarebbe da vero e proprio record. Le stime degli esperti parlano di oltre 800.000 mila tonnellate all’anno. Una cifra inquietante e astronomica. CO2 che presto sarà anche tassata dalla comunità europea, che gradualmente sta introducendo norme sempre più restrittive sul tema della produzione di CO2 da combustione di rifiuti e questo nell’ottica di portare a compimento la transizione ecologica, disincentivando le pratiche più inquinanti. La cosa avrà dunque un risvolto molto negativo non solo in termini di qualità dell’aria e dell’acqua, ma anche per le tasche dei cittadini di Roma e del Lazio, perché le tasse europee sulla CO2, verranno caricate sulla TARI, ad oggi, per altro, già la più cara d’Italia. Come se questo non bastasse ci sono poi tutti problemi logistici legati ad un impianto di questo tipo. Ho più volte sottolineato nelle mie campagne di informazione social, come l’unica strada già gravemente congestionata per arrivare a Santa Palomba sarebbe letteralmente presa d’assalto da centinaia di compattatori, che a passo lento ogni giorno sarebbero costretti a raggiungere il sito da tutto l’enorme territorio romano. Parliamo di tragitti di decine, talvolta centinaia di chilometri ogni giorno. I risvolti in termini di efficienza del servizio sono gravissimi, un aumento del traffico e della pericolosità di una strada già oggi tra le più pericolose della regione.

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